emodiario

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Un frammento della mia vita


Tratto dal libro 
"...e non siamo soli (frammenti di una malattia)" 
di A. Avventuroso e di M. Dalle Mulle


23/06/2006
Bellalì! Tutto è pronto: oggi si parte per il ns. weekend in moto con gli amici. Destinazione: Dolomiti! Che emozione, ho l'adrenalina a mille! Però mi sento un po' strana, uff... sarà la solita stanchezza, il primo caldo estivo mi sento un po' gonfia a dire il vero... e poi è tutta settimana che di pipì ne faccio poca... forse è meglio ascoltare il consiglio della mamma e chiamare il dottore... non si sa mai...
"Ok, ok... arrivo" e così mi tocca posticipare la partenza e andare a Milano, in ospedale, per fare un controllino d'urgenza..."Amore, tu stai a casa che mi faccio portare dai miei... così ti riposi e quando torno... partiamo!". Un bacio e via di corsa in ospedale.

Esami del sangue, colazione e ora siamo in sala d'attesa ad aspettare l'esito. Il tempo non passa più... eppure dovevano esser già pronti mezz'ora fa... aspettiamo, dai... continuo a guardare l'ora, chiedo all'infermiera ma dice di non saper nulla e si dilegua nel reparto. 
Dopo più di un'ora di attesa mi decido e vado nello studio del dottore per chiedere informazioni. Lo vedo, con dei fogli in mano e lo sguardo perso, verso di me. Mi invita a sedermi dicendomi semplicemente:"C'è qualcosa che non va... forse è meglio chiamare anche i tuoi genitori". E così entrano anche la mamma e il papà. Il tempo si ferma. E' arrivato il mio momento. "Laura, devi sottoporti subito ad una seduta di dialisi". Dialisi? Oh no!
Sapevo che prima o poi sarebbe successo ma non sono preparata e poi non so nemmeno di cosa si tratti. E poi io devo partire, ho il raduno in moto, non posso. No. Ho paura. Tanta paura ma vedo il panico anche sul viso dei miei genitori e allora allungo la mia mano verso quella di mia mamma, per tranquillizzarla o meglio per farle credere che sono tranquilla e che tutto va bene. Non posso permettermi di piangere. No, devo tener duro.

Ora ci stiamo recando verso il pronto soccorso perché nel mio reparto non possono ricoverarmi. Forse è il momento di avvisare a casa. "Amore, cambiamento di programma. Io non torno a casa. Mi ricoverano. Devo iniziare la dialisi ma ti prego, stai tranquillo. E' tutto ok. Ma se vuoi partire tu, vai...". Dall'altra parte un lungo sospiro e un "ti amo, fammi sapere" e niente più. Devo fare un'altra telefonata:"Ehi, sister, tranquilla. Devo iniziare la dialisi, mi ricoverano" e al di là singhiozzi di pianto... e così mi ritrovo con il volto bagnato e alla fine mi tocca pure far la dura e consolare mia sorella.

Ecco, tocca a me, mi chiamano. Entro in sala visite e sono circondata da tanti giovani studenti. Mi sembra di esser la protagonista di una puntata di Er Medici in prima linea, e c'è pure un dottore carino che potrebbe essere il "George Clooney" della situazione. Dopo una lunga visita mi preparano per mettere il catetere femorale come accesso per la dialisi. Vengo trasferita con l'ambulanza interna dal pronto soccorso al reparto di dialisi. Si apre la porta dell'ambulanza ed ecco lì, la mamma e il papà, sconvolti, stanchi e impauriti ad aspettarmi. "Sapete... mi sembra di stare in un telefilm" e riesco così a strappar loro pure un piccolo sorriso. Mi seguono ma l'infermiere li blocca subito:"Non potete entrare. Voi se volete, potete aspettare qui ma ci vorranno almeno 3 ore; forse è meglio se andate a casa". Ma loro mi guardano un attimo e mi dicono:"Ehi, ti aspettiamo qui". E così io entro in sala dialisi. 

Sono già le 21,30. Ma com'è volata questa giornata! Mi fanno sdraiare su un letto... ma cos'è quella? Una bilancia attaccata al letto? E per un attimo mi sento quasi "una verdura" che viene posata sul piatto di una bilancia. Ma a che serve? E cos'è quella macchina-computer con quelle rotelline che girano? E quei tubi? Ho paura... e l'infermiere deve averlo pure capito perché cerca di spiegarmi un po' come funziona mentre inizia a manovrare con il catetere che spunta dalla mia gamba.Che vergogna! Poi accende la tele e si siede accanto a me. Ci sono le partite dei mondiali, già...Nella sala, solo io e lui. E la paura man mano sparisce perché non sento nulla. Ma è questa la dialisi? Voglio uscire, voglio andare a tranquillizzare la mamma e il papà.E dopo 3 ore eccomi pronta. L'infermiere mi stacca dalla macchina. Sono stanca, la giornata è stata lunga e piena di tensione. Ma ora è finita. Esco, mi portano in reparto. Mi metto nel letto e saluto i miei. "State tranquilli, non si sente nulla, non fa male... mi raccomando, state vicino a Mario, non so come l'abbia presa, è a casa da solo... vi voglio bene. Ci vediamo domani". E così cerco di addormentarmi... ma caspita! Oggi ho fatto la mia prima dialisi. E ora, solo ora, realizzo che la mia vita non sarà più quella di prima e scoppio in un pianto dirotto...


27/08/2009
Sono trascorsi più di 3 anni da quel giorno. La dialisi è un appuntamento fisso che non puoi saltare. E' come andare in palestra, 3 pomeriggi alla settimana, 4 ore. Io la chiamo "beauty farm" perchè entri che sei gonfio ed esci con 3 kg in meno, asciutto. Le infermiere, inevitabilmente, entrano a far parte della tua vita, diventano praticamente la tua seconda famiglia e quando c'è qualcosa che non va, loro sono le prime ad accorgersene.
Certo che è dura. Non puoi mica fare tutto quando diventi un dializzato. Nemmeno la cosa più semplice: bere. No, è vietato. O meglio, non puoi esagerare. Beh, non sarà mica così difficile, noo? Eppure quante volte mi son trovata a piangere per un bicchiere d'acqua...! E non ti senti capita da nessuno, nemmeno dai tuoi famigliari.

Già, non è più la vita di prima anche se a volte cerchi di farti considerare "normale" da tutte le persone che ti stanno accanto, d'altronde apparentemente, sembro proprio godere di ottima salute, no? L'unico segno evidente, per ora, è la fistola... già il mio "braccino bionico" che tendo a nascondere, un po' per vergogna, un po' per paura che la gente s'impressioni. (E il suo tipico trillo? Beh, anche se a volte, devo ammettere, mi dà fastidio sentirlo, io tendo ad associarlo al rumore delle onde del mare... cosicché tutto diventa un po' più "sopportabile").

E così cerco il più possibile di non far pesare la mia situazione a nessuno. Nemmeno a te che sei il mio compagno di vita. A casa cerco di ritornare ad essere "la tua Lauretta": si va via in moto, si esce con gli amici, si lavora, si ride, si scherza, solita routine. Certo, hai ragione, per le vacanze è un po' "uno sbattimento" prenotare mesi prima l'ospedale ma alla fine ce l'abbiamo sempre fatta e siamo sempre riusciti ad andare al mare! 


Purtroppo, però, è inevitabile, ci sono anche dei giorni in cui non sto bene e in questi momenti mi sento davvero sola, abbandonata. Sì, perché tu fai finta di nulla e ti chiudi in cameretta. Forse non perchè sei indifferente, forse hai solo tanta tanta paura... ma perché ti allontani? Io ho bisogno di te... di sentirmi protetta... ma perchè non sei qui vicino a me a tenermi la mano?Perchè non mi dici cosa ti passa per la mente e non mi chiedi mai nulla della mia malattia? Perchè non riesci ad accompagnarmi in dialisi, alle visite? Perchè ti estranei da questa parte di vita che comunque fa parte di me? Io sono anche così, purtroppo.... sono malata. E se mi ami devi amare anche questa parte di me, anche se è difficile.
Non mi fai sentire un peso ma non riesci a darmi nemmeno il sostegno che vorrei ricevere e che avrei bisogno di ricevere in alcuni casi. Sentirsi protetti, al sicuro, confortati, condividere i momenti bui... e per un attimo sentirmi sollevata perchè al mio fianco ci sei tu. E a volte basta davvero poco, un bacio, un abbraccio, uno sguardo, una parola.


Non fuggire, ti prego, vedrai che con il trapianto sarà tutto diverso... e continuo a ripetertelo, forse anche per convincere me stessa e per sperare, in cuor mio, che possa essere davvero così. Ma so già che, tolta la dialisi, ci saranno altri pensieri, forse altri problemi da affrontare e dovrò avere la forza di combattere sempre. La mia vita è questa ed insieme, amore, ce la faremo, vedrai... d'altronde in due le cose si affrontano più facilmente, no? Ma apro gli occhi e non ti vedo più... dove sei? Dove sei, amore mio?Troppo tardi, te ne sei già andato via, per sempre... sei scappato da questa realtà, forse troppo pesante e scomoda per te... ed ora non mi resta altro che lottare da sola... per continuare a vivere questa vita, la mia vita...


05/02/2010
Son passati già più di cinque mesi da quando te ne sei andato. Non è facile vivere da soli ma ce la sto facendo. A volte le persone dicono che io abbia una grande forza interiore per poter affrontare tutto; son sempre più convinta che la vita debba essere vissuta giorno per giorno inevitabilmente dalle cose belle o brutte che ti accadono... forse è l'istinto di sopravvivenza, alcuni, invece, lo chiamano coraggio... una cosa è certa: la vita è una sola e andrebbe vissuta intensamente.Certo, per noi, è un po' difficile viverla pienamente o meglio, noi la viviamo in modo "diverso" da quanto la vivano le persone "normali". Infatti a noi basta poco per essere felici e ci accontentiamo di piccole cose, quello che per la gente comune, che gode di ottima salute, è normale routine, per noi diventa qualcosa di meraviglioso, difficile da raggiungere. E allora ci esaltiamo... ed è lì che le persone accanto a noi non ci capiscono, ma poi cerchi allora di confrontarti con le persone che vivono nella tua stessa condizione di malato e ti accorgi che non sei sola...

Comunque sono fortunata perchè ho la mia famiglia e un po' di amici che mi supportano, fanno il tifo per me e mi infondono la speranza che un giorno tutto questo possa cambiare in meglio... chissà...